martedì 23 ottobre 2012


Non ho mai sopportato perdere tempo con gli spostamenti.
Ora per andare al centro infantile devo farmi più di un’ora di autobus.
Eppure è uno dei momenti della giornata che mi piace di più… Mi perdo ad osservare le persone:  i loro visi, i loro vestiti, i loro gesti. E’ troppo bello, in questo paese ci saranno una ventina di etnie, con lineamenti e colori della pelle diversissimi. Gli Untsuri Shuar, gli Huaorani, i Quichuas, gli A’l Cofàn, i Saraguros, gli Afroecuatoriani…e chi più ne ha più ne metta.
Sto imparando a vivere il tempo senza volerlo sfruttare a tutti i costi.
Sto conoscendo ragazzi che hanno la mia età, ma vite molto diverse dalla mia.
Mi piace moltissimo il momento dopo il pranzo al centro infantile: i bambini si addormentano, e Gaby, Nancy e io ci sediamo sul tappeto a chiacchierare. Mi hanno colpito queste due diciannovenni, sempre allegre e affettuose, che dal lunedì al venerdì lavorano dalle 7 alle 16, poi tornano a casa a studiare e sabato e domenica si svegliano alle 5.30 per andare all’università.
Oggi Nancy mi ha portata nella stanza dove stanno i bambini di un anno, si è fermata davanti ad una bambina e, sorridendo, mi ha detto “Questa è mia figlia”….
Forse sono riuscita a nascondere lo stupore solo perché per strada vedo spesso ragazze giovanissime che spingono carrozzine.
“Anche Gaby ha un figlio?” ho chiesto io.
“Aveva un bambino, ma è morto due anni fa, quando aveva una anno”.

 Abbiamo storie e vite molto diverse, ma è bellissimo che il modo di fare amicizia e di divertirsi sia lo stesso.

 

1 commento:

  1. Ci sono situazioni dove le parole non servono (altre invece dove non bastano)..
    Grazie Chiara per questa splendida condivisione!!!
    Ricky

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