Sono
arrivata a Nizag a bordo di un furgoncino aperto sul retro. Sedute accanto a me
sulla panchetta di legno c’erano alcune donne della comunità venute a
prendermi. Con le lunghe gonne di lana dai colori sgargianti, le camice bianche
con i ricami floreali e il tradizionale sombrero bianco che risaltava i capelli
nerissimi, erano davvero belle. Ciò che mi affascinava di più erano le parole
che ascoltavo. Chiaro, non capivo una sillaba: era Quichua, la lingua degli
indigeni. Solo il suono però sembrava musica.
Nizag è una
comunità di indigeni nella provincia del Chimborazo. Da Quito sono otto ore di
autobus, ma mi è sembrato di entrare in un mondo lontano anni luce.Le strade sono tutte sterrate, le case sono costruite in terra cruda. Ogni famiglia possiede qualche pecora o qualche capra, polli, magari anche una mucca, un paio di maiali e un asino. Coltivano cereali, ortaggi e frutta. In questo modo ricavano giusto il necessario per mangiare e per vivere, non producono eccedenze destinate alla vendita, ma sono quasi del tutto autosufficienti. Di certo non esiste ricchezza, ma neanche miseria.
Ho vissuto a Nizag una settimana, in cui ho potuto respirare una gran pace. Passeggiando vedevo ragazzini che portavano le capre al pascolo, uomini che zappavano la terra, ragazze che lavavano i vestiti alla fontana, bambini di sei anni con in spalla il fratellino di un anno, donne che filavano la lana con il fuso o che essiccavano delle foglie particolari da cui ricavano fibre da tessere.
Una vita faticosa, ma serena e rilassata. Ho sorriso quando, chiedendo ad una bambina di nove anni cosa le piace fare nel tempo libero, mi ha risposto “ vivir tranquila”.
Sorridenti, disponibili
per qualsiasi cosa, sempre pronti ad offrirmi una pagnotta di pane, un
quimbolito al cacao o un regalino. L’accoglienza che ho ricevuto mi ha lasciata
senza parole.
Come sempre
però non è tutto rose e fiori: una cosa che mi fa rabbia è la sottomissione
della donna al marito. Spesso le ragazze non possono neanche scegliere il loro
sposo.L’ultima sera hanno organizzato una despedida, ovvero una piccola festa di saluto. Non smetto di emozionarmi ogni volta davanti ai balli e alle musiche di questa terra! Sono qualcosa di meraviglioso!
Incredibile. E anche questa l'hai fatta. Credo sia un viaggio troppo invidiabile il tuo perchè non lo ripeta tesoro. Forse finalmente provo qualcosa di simile all'invidia, o forse semplicemente si chiama 'credo di volerlo fare anche io'.
RispondiEliminaQuicha, insegnamelo!
Super Chiaretta!! che belli i tuoi racconti!!!!!!!!...e poi volevo dirti...Con Gioia e cuor con gioia e cuor ti diciamo quanto è grande il nostro amor, Auguriii Auguriii, ti diciamo quanto è grande il nostro Amor!!!!!!!!!! oggi se riesci insegnala ai tuoi piccoli bambini e fattela cantare cosi sarà un po come essere qui con noi! ;-) li cosa come festeggiano i compleanni???? un bacione da Milano-Italia ;-)
RispondiEliminaChiarita, ci mancano i tuoi racconti... por favor, haceme el favor de pintar otras maravilla para nosotros que quedamos aqui en tu espera... :/
RispondiEliminaPer quanto riguarda tutto il resto... VIVI TUTTO! :)